mercoledì 30 novembre 2011

SEPTIC FLESH - Esoptron


Questo blog è incredibilmente popolare in Russia. Mah...

Detto questo, oggi parlo di "Esoptron" (Holy Records, 1995) dei SEPTIC FLESH, che l'ho ascoltato stamattina appena arrivato in ufficio. Gran disco... più l'ascolto e più mi piace; e non è una cosa scontata, perchè spesso capita il contrario. Ci sono album che da ragazzino ascoltavo molto volentieri e che ora mi fanno quasi ridere, soprattutto in campo prog, gothic o simili. Con il tempo mi sono orientato sempre più verso sonorità "sobrie". Non necessariamente estreme. Intendo dire, che con gli anni mi sono stancato della musica con mille orpelli... preferisco di gran lunga un classico chitarra / basso / batteria a tastiere, orchestre, sperimentazioni varie e cambi di registro improvvisi. Che poi il gruppo siano gli Anathema o i Cannibal Corpse non importa. Mi piace la musica suonata con semplicità e strumenti base. Poi, appunto, ci sono le eccezioni... e non so nemmeno io come motivare tutto questo. L'approccio un po' barocco di un album come "Esoptron" non mi disturba affatto, anzi. Eppure sono sicuro che se oggi mi arrivasse da recensire un gruppo che prova a fare qualcosa di simile lo assegnerei a un'altra persona. Non credo c'entri neppure il fattore "nostalgia/affetto", perchè anche se è vero che ricordo perfettamente il giorno in cui ho comprato il CD - un freddo sabato di novembre nel 1997, in un negozio dell'usato a due passi da Piazza Vetra a Milano - e che vi sono legato anche per il solito mitico digipack targato Holy Records, che all'epoca faceva delle confezioni tamarrissime, se non lo ritenessi proprio bello non lo ascolterei così volentieri. E poi ascolto assai volentieri anche le ultime uscite della band. Insomma, sta di fatto che i Septic Flesh mi gasano da sempre. "Esoptron" c'entra poco con quanto fanno oggi: non c'è l'orchestra, non ci sono parti tiratissime... più che sulla potenza (orchestrale o di chitarre), si punta sull'atmosfera. È tutto un intrecciarsi di arpeggi, lead di chitarra e tastiere su tempi generalmente medi. L'atmosfera è barocca, ma non in senso cattivo... c'è semplicemente un sacco di roba nei pezzi, i quali traboccano di finezze, con strati e strati di  suoni diversi. Particolarissime, come sempre, le melodie: parlerei di "medioevo ellenico", anche se questa espressione viene associata a un periodo quasi mille anni prima di cristo (sì, ho fatto il classico). Io però lo chiamo così perchè certe soluzioni mi portano alla mente il Mediterraneo e appunto tutta la tradizione musicale ellenica, mentre altre degli spunti medievali nel senso "tipico" del termine. Non so come abbiano fatto a partorire qualcosa di simile, ma queste melodie sono state uno dei primi motivi per cui mi sono avvicinato alla band. Non conoscevo nessun'altra realtà musicale che avesse nel repertorio della roba così. E poi c'è pur sempre tutta la base death e doom metal qui ancora molto forte, i richiami a Celtic Frost e Paradise Lost, il growling inconfondibile di Spiros e il pulito di Sotiris. Mi sono appena reso conto che trovo difficile dure quale sia il miglior album dei Septic Flesh, ma ultimamente questo è il mio preferito. Vero culto anni '90.

martedì 29 novembre 2011

TOP 10 del 2011 - Boh...

Una volta mi piaceva fare la "poll" di fine anno... stilare classifiche, eleggere migliori, peggiori, cazzi e mazzi. Ora invece non ho mai tempo e alla fine diventa uno stress. Tra l'altro, quest'anno non so cosa mettere. Non ho un vero album dell'anno, ma ci sono in ballo diversi dischi che mi sono piaciuti, anche se per nessuno di questi grido al capolavoro. Conto di definire tutto entro le prossime due settimane. Intanto, per la TOP 10 ho i primi due indizi...


lunedì 28 novembre 2011

DESERTSHORE - Drawing Of Threes

 Proseguendo sul tema "non solo metal (o hardcore)", in questi giorni sto ascoltando il secondo album dei DESERTSHORE, pop/folk acustico made in California. Un progetto guidato dall'ex chitarrista dei Red House Painters Phil Carney, che in diversi brani di questa nuova prova in studio vede la partecipazione come cantante di Mark Kozelek, già leader di Sun Kil Moon e degli stessi Red House Painters. Non è musica che ascolto tutti i giorni, ma ho sempre amato i RHP e il loro sound scarno e malinconico... da sempre un bella pausa tra le carneficine che sono solito ascoltare. Il disco si intitola "Drawing Of Threes" ed è uscito ora per Caldo Verde Records.

martedì 22 novembre 2011

PIANOS BECOME THE TEETH - The Lack Long After


Non si vive di solo metallo. Anche se spesso ci vado vicino. Comunque, negli ultimi ho ascoltato spesso il nuovo dei PIANOS BECOME THE TEETH, "The Lack Long After" (Topshelf, 2011), band screamo/post hardcore statunitense. Li seguo già da qualche anno e devo dire che per ora sono sempre stati molto costanti a livello qualitativo. Già il primo album, "Old Pride", era molto bello e direi che si sono confermati con la nuova opera. Sostanzialmente, mescolano post rock, proto-post hardcore alla Fugazi, screamo dei vecchi tempi alla Funeral Diner e At The Drive-In e qualcosa di più recente come Thursday (uno dei miei gruppi preferiti) ed Envy. Per farla breve, si tratta di musica introspettiva/emozionale con radici hardcore... giusto per non tirare fuori mille paroloni e definizioni strampalate. Sono curioso di sentirli live, purtroppo me li sono persi l'ultima volta che sono arrivati in Europa.

lunedì 21 novembre 2011

CATACOMB - The Return Of The Ark


Oggi ero in vena di musica italiana e, non avendo tanto tempo, ho optato per un EP. Mi sarebbe piaciuto ascoltarlo nel suo formato originale di 7", ma la mia copia è in Italia e comunque qui non ho un giradischi, purtroppo. "The Return Of The Ark" (Sacra Sindone, 1993) è l'ultima uscita targata CATACOMB; da lì a poco la band avrebbe cambiato nome in Novembre. Tre tracce di maestoso death-doom anni '90, con quell'atmosfera mediterranea e quell'inconfondibile tocco melodico che in pochi anni sarebbe divenuto vero marchio di fabbrica delle produzioni dei Novembre. Ascoltando il lavoro si capisce il perchè del successivo cambio di monicker: anche se la produzione continua ad essere grezza e molto underground, il sound ha fatto mille passi in avanti rispetto al demo su cassetta "Unreal" (1991), diventando più variegato e raffinato, sia a livello ritmico che di guitar-work. Del resto, proprio a partire da questo'opera si inizia ad associare in termini doom e gothic (quello dei Paradise Lost, non le fuffate di oggi!) al nome della/e band... un album come "Gothic" e le primissime cose dei My Dying Bride hanno influenzato parecchio Carmelo Orlando e questi pezzi ne sono una chiara conseguenza. Rimane però forte l'impronta death-black metal, che si manifesta nel solito screaming lacerante e negli uptempo forsennati su cui domina Giuseppe, il fratello di Carmelo, alla batteria. Questo sarà una costante anche nel primo full dei ragazzi, "Wish I Could Dream It Again...". Ogni tanto penso che sarebbe fantastico ascoltare questo materiale con una resa sonora più curata, ma alla fine cambio sempre idea. Vi sono affezionato così com'è, poco importa se ci sono tanti difetti. "The Return Of The Ark" è un altro piccolo tassello dei miei ascolti preferiti dell'adolescenza, assieme a tutto il materiale degli inizi dei Novembre. Ascoltarlo sarà sempre un piacere... oggi, domani, tra 10 anni.

GAIA

Un omaggio alla mia nipotina Gaia, appena arrivata. Spero vivamente che, sul fronte musicale, segua le orme dello zio.

venerdì 18 novembre 2011

CHROMES - And Here My Disgust Begins


Sto ascoltando l'EP d'esordio dei miei concittadini CHROMES, "And Here My Disgust Begins". Solo due tracce, ma se vi piacciono le sonorità "post" hardcore/black metal e gruppi come Celeste, Twilight e primi Year Of No Light, direi che meritano proprio. Soprattutto la title track è davvero notevole, con quello stacco melodico tanto evocativo quanto inaspettato. Potete scaricare l'EP dalla pagina bandcamp del gruppo.

giovedì 17 novembre 2011

PARAGON OF BEAUTY - Comfort Me, Infinity


Ho comprato "Comfort Me, Infinity" (Prophecy, 2001) nell'autunno 2001, a Roma. Credo fosse novembre. Scappai di casa e andai a cercare me stesso nella capitale. Non è una cazzata, eh. Uno a 19 anni fa anche queste cose... ahah. Comunque, ricordo che avevo ascoltato già qualcosa dei PARAGON OF BEAUTY, credo dal primo album, ma non ci avevo prestato tanta attenzione. Poi un giorno comprai Psycho, la rivista, che all'epoca aveva un CD in allegato: l'opener di questo album era stata inclusa nella tracklist e devo dire che mi attirò subito, se non altro perchè in quel periodo praticamente vivevo di Novembre e Katatonia. Proprio a queste due band può infatti essere accostato il sound dell'album: dall'essere un gruppo dark/gothic/black metal vagamente alla Evereve degli inizi, i POB diventerano qui un minestrone dark wave/alternative con qualche accenno metal. È tutta roba che ho sempre ascoltato, non sono mai stato un "defender", quindi il constatare che questi tedeschi avevano definitivamente scoperto The Cure, Radiohead e magari i Muse del primo album (oltre appunto a un "Discouraged Ones" o un "Arte Novecento") non mi creò proprio alcun problema. Anzi, fui ben felice di vedere che il materiale suonava più coeso ed ispirato rispetto a quello degli esordi. Inoltre, gradivo già gli Autumnblaze, altra band del leader Markus Baltes (Eldron), che già si muoveva su queste coordinate (parlerò anche di loro prima o poi, anche se già l'ho fatto su Metalitalia), quindi il tutto non fu una grande sorpresa. Riascoltandolo adesso, "Comfort Me, Infinity" mi piace ancora, anche se certi difetti mi saltano ancora più all'orecchio. Sono quasi tutti di natura "cosmetica", niente di vitale importanza, però un sorriso me lo strappano. Ad esempio, i testi sono davvero "over the top": capisco che musica del genere richiami scenari e situazioni romantiche, ma le parole sono di una ampollosità senza precedenti... "emo" nell'accezione brutta del termine. Poi la pronuncia di Markus è decisamente rivedibile, l'accento tedesco è fortissimo. Mi rendo conto che, vivendo in Inghilterra da tanti anni, sia per me più facile cogliere certe cose, ma non ci posso fare niente, a volte mi sembra di avere davanti Üter Zörker, il bambino tedesco grassottello che va a scuola con Bart e Lisa Simpson! Detto questo, è tutta la mattina che ascolto quest'album e continuo a trovarci spunti apprezzabili. Di seguito la title track: il finale è forse il mio momento preferito del disco.

mercoledì 16 novembre 2011

BOLTFEST!


Io sto ai BOLT THROWER quanto Emilio Fede sta a Berlusconi, quindi queste sono grandi notizie. Mi considero già lì, rigorosamente senza maglietta, perchè quando vedo i BOLT THROWER - che OGGETTIVAMENTE sono la miglior live band di sempre nella storia della musica - mi agito e sudo. Onestamente non mi aspetto grandi cose dal resto del bill... probabilmente chiameranno i Benediction come al solito, che sono loro compagni di merende, più qualche altro vegliardo. L'importante, comunque, sono i cinque di Coventry e il loro arsenale di epicità, muscoli e death metal. Ho anche intenzione di provarci una volta per tutte con Jo Bench, che, assieme a Grace Perry dei Landmine Marathon, è senza alcun dubbio la donna per me. Lucidate i cannoni, si va alla guerra.

nuovo album HOUR OF PENANCE


Sto ascoltando qualche demo del nuovo album degli HOUR OF PENANCE, attualmente in fase di registrazione a Roma e in uscita entro marzo 2012. Nuovamente qualcosa di diverso... di loro mi piace soprattutto il fatto che a ogni appuntamento aggiungono sempre qualcosa in più alla formula e che sono bravi a caratterizzare i brani. Non li definirei propriamente "orecchiabili", ma almeno ultimamente sanno come scrivere canzoni all'interno di un genere solitamente molto quadrato come il death metal. Queste nuove tracce mi sembrano (dico "sembrano", perchè non ho tutto il disco e perchè si tratta appunto delle prima versioni di 6/7) segnare un passaggio verso lidi sonori più groovy e "sporchi", con ritmiche maggiormente frastagliate, riff più old school - con rimandi a primi Morbid Angel, Vital Remains, Angelcorpse, Vader - parentesi black e thrash metal e qualcosa di più melodico, dovuto all'arrivo di una seconda chitarra, che permette molti più intrecci e soluzioni. Sono curioso di ascoltare il prodotto finale, soprattutto per vedere che taglio è stato dato alla produzione. Comunque, un'uscita di cui tenere conto il prossimo anno...

lunedì 14 novembre 2011

VESTIGES


Apprezzo quasi tutto ciò che è hardcore, ma il mio filone preferito è quello che fa a capo agli His Hero Is Gone/Tragedy. Viene spesso definito crust... io lo chiamo anche epic hardcore, perchè a me personalmente suona a tutti gli effetti epico. Sia che invochi rivolte nelle strade, sia che si ispiri a qualcosa di più astratto e profondo - come avviene per i (primi) Fall Of Efrafa, una delle mie band preferite di sempre - io ci sento epicità; è musica che mi (s)muove come poche altre... scarna, diretta, rabbiosa, ma che trasuda passione da ogni nota. Adoro poi il modo con cui queste realtà adoperano la melodia: mi piace soprattutto quando su un uptempo una delle 2 chitarre "si stacca" e inizia a disegnare note e motivi arrembanti. E qualcosa che trovo semplicemente inebriante... mi viene soprattutto in mente una perla come "No Longer Human" dei FOE oppure buona parte del repertorio degli Ekkaia. Di conseguenza sono spesso incline a setacciare l'underground e il circuito DIY in cerca di nuove band di questo tipo. E' una scena vasta, eppure decisamente nascosta. Queste band non amano apparire e fanno appunto tutto da sole (DIY), non affidandosi a etichette discografiche e suonando per lo più in centri sociali, circoli anarchici, case occupate o addirittura scantinati. Tuttavia, qualcosa ultimamente è emersa anche in ambienti meno reconditi: la fama dei suddetti FOE è arrivata un po' ovunque, ad esempio, mentre un gruppo come gli Alpinist ha firmato per Southern Lord. In ogni caso, è sempre difficile avere un'idea chiara di cosa stia uscendo, come e quando. L'altro giorno, ad esempio, mi sono imbattuto negli americani VESTIGES, gruppo che ho trovato subito molto valido. Il loro debut, "The Descent Of Man", è però uscito oltre un anno fa. Ovviamente non ne sapevo nulla, ma, del resto, se lo sono autoprodotto e lo hanno pubblicato da soli. Lo potete scaricare gratuitamente dal loro sito (poi però se vi piace comprate il CD, il vinile o una t shirt!). Li ho scoperti grazie a quei cari ragazzi dei Downfall Of Gaia, un'altra band che nel genere gradisco parecchio. Faranno un tour americano assieme a loro tra un paio di mesi. Peoprio come i DOG - o i FOE o i Morne - i Vestiges sono una di quelle band che è partita da basi crust-hardcore e che ha poi provato a mescolare questo stile con spezie doom, "post" e black metal. Sono agli inizi e ci sento ancora qualcosa di un po' macchinoso, ma direi che ci sanno fare. Oggi li ho ascoltati tutto il giorno e non mi sono affatto annoiato. Sotto il loro ultimo "singolo", che sta apparendo in varie compilation e in uno split con i Ghaust. Metto anche "No Longer Human" dei FOE, che coi Vestiges non c'entra una mazza, ma ora mi è venuta voglia di ascoltarla.


domenica 13 novembre 2011

UNCANNY - Splenium For Nyktophobia


Ogni tanto rispolvero veri e propri album dimenticati da dio. Ultimamente è stato il turno di "Splenium For Nyktophobia" (Unisound, 1995) degli UNCANNY, death metal band svedese guidata dal chitarrista Fredrik "North" Norrman, che i più conoscono per essere il membro fondatore degli October Tide e il chitarrista ritmico dei Katatonia sino a un paio di anni fa. Questo è l'unico full-length pubblicato dal gruppo e anche l'ultima cosa uscita prima dello scioglimento (in precedenza c'erano stati un paio di demo). Si tratta di death metal svedese tipico di metà anni '90, del periodo in cui i grandi nomi avevano cambiato o stavano cambiando stile, spostandosi su sonorità più groovy o melodiche. È un lavoro con un piede piantato nella vecchia scuola di Stoccolma e uno in quel genere ibrido che può essere accostato agli Edge Of Sanity o ai Desultory. Mi sento di avvicinare gli Uncanny alla band di Dan Swano in particolare, non solo perchè quest'ultimo è qui coinvolto nella produzione, ma anche perchè, almeno su questo album, l'approccio al songwriting è piuttosto simile a quello degli EOS. In pratica, anche gli Uncanny fanno un po' quello che gli pare... nella tracklist ci sono tracce old school alla Entombed/Dismember degli inizi, altre molto melodiche, come la strumentale "Timeless", e persino dei pezzi pseudo-grind o death 'n' roll, tra cui una cover dei G-Anx, storica band hardcore-grind locale. Ah, c'è anche "Lepra", che mi sembra un omaggio ai Fear Factory dell'epoca! Di certo, il disco non pecca di varietà. Poi, si può anche dire che non tutte le ciambelle siano venute col buco, però ho sempre trovato questo disco divertente, anche se non sono d'accordo con chi lo reputa un "capolavoro sottovalutatissimo" o robe simili. Gente che si è presa bene leggendo "Swedish Death Metal" di Daniel Ekeroth e che tutto a un tratto pensa che qualsiasi cosa sia uscita dalla Svezia nella prima metà dei nineties sia ASSOLUTAMENTE DA AVERE. Abbiate pazienza...

venerdì 11 novembre 2011

CULT OF LUNA - Somewhere Along The Highway


L'album più melodico dei CULT OF LUNA... ultimamente è quello che ascolto più volentieri. Mi piace il post rock, mi piacciono i toni malinconici... e ovviamente non disdegno qualche parentesi più arrabbiata, avendo un background metal. Di conseguenza, mi viene facile gradire "Somewhere Along The Highway", album in cui la band svedese gioca spesso a fare i Mogwai, pur non dimenticandosi che solitamente viene etichettata una band "post" hardcore. La tracklist presenta due dei miei pezzi preferiti dei COL in assoluto: "Finland" e "Dim", che sono, tra l'altro, anche i più ariosi del lotto. D'altronde, del disco mi piace appunto questa atmosfera un po' più distesa del solito. Gli arpeggi in crescendo di "Finland" mi fanno venire i brividi... vi è una cura negli arrangiamenti e nei dettagli che mi ha sempre lasciato di stucco. Chi dice che questa band è un semplice clone degli Isis non ha mai capito una mazza, come ho già detto in altra sede. Tra l'altro, i Cult Of Luna sono una di quelle poche formazioni di questo genere - chiamiamolo "post" - che dal vivo mi esalta quasi più che su disco. Visti live varie volte e han sempre fatto una gran figura: ricordo con piacere lo show per l'ultimo DVD a Londra e quello al Summer Breeze nel 2008.

giovedì 10 novembre 2011

AMORPHIS - Tales From The Thousand Lakes


Ah... gli AMORPHIS... vecchio amore di gioventù. Vabè, non ho 60 anni, ma ste frasi mi fanno sganasciare. Ricordo una maglietta longsleeve di "Elegy", ovviamente taglia XL perchè più piccole non le stampavano, che mi faceva sembrare un mutilato perchè quasi mi copriva le mani. Eppure da ragazzino la indossavo sempre e tutt'ora è a casa dei miei (ormai è grigia e coi buchi però). Poi un tour con Evereve e Darkseed e anche una data a Milano, al Binario Zero, in solitario, con di spalla i gruppi locali Macbeth ed SKW... roba orrida. Tra l'altro, in quell'occasione bestemmiai forte perchè a causa di sti mentecatti in apertura il concerto dei finlandesi iniziò tardissimo e dovetti chiamare mio padre per farmi venire a prendere, perchè la metro stava chiudendo. Oggi non li seguo più di tanto (credo infatti di non aver ascoltato minimamente gli ultimi due album), anzi, a dire il vero mi danno l'idea di essere un po' paraculi, con sto ritorno al metal ostentato ovunque... poi però il primo singolo di ogni nuovo album è il pezzo più frocio... chissà come mai. Comunque, un "Tales From The Thousand Lakes" me lo ascolto sempre più che volentieri. Discone sotto ogni punto di vista. Il primo ricordo che associo agli Amorphis sono le urla di mia madre la prima volta che ho messo su il CD ed è esploso il growling di Tomi Koivusaari (ancor oggi uno dei miei preferiti): nella mia vecchia casa lo stereo era in salotto e avevamo un impianto mostruoso, quindi, sostanzialmente, ascoltava anche chi non aveva il minimo interesse a farlo. Non sono mai stato uno di quei ragazzi che si rinchiudevano in cameretta: lo stereo era appunto in salotto e così anche tutti i miei CD... servivano mobili grossi e capienti per tenerli tutti. "Tales..." è ancora oggi il mio album preferito della band: spoglio delle ingenuità del debut (che è comunque bellino), ancora più contaminato con epicità e toni seventies e generalmente più ispirato, originale e orecchiabile, pur presentando una forte base death metal finnica. È un altro di quegli album che hanno rappresentato per molti il passaggio verso sonorità più dure e/o underground, perchè era il parto di una scena musicale allora recondita, ma presentava diverse parti abbastanza accessibili. Difficile trovare un pezzo preferito, anche se alla fine si finisce a nominare quasi sempre "The Castaway" o "Black Winter Day". "In The Beginning" però è un'altra perla. Mi piaceva leggere anche i testi, notoriamente ispirati al libro Kalevala, che davano un ulteriore tocco di mistero alla proposta. Erano indubbiamente qualcosa di diverso all'epoca. Ascoltando principalmente death e thrash, o certo power, alla fine le tematiche erano sempre quelle, mentre gli Amorphis si differenziavano da tutti anche per questo. Era un motivo in più per bullarsi con gli amici: quello che ascoltavo io era più "altolocato"... ahahah...


mercoledì 9 novembre 2011

CARNAL FORGE - Who's Gonna Burn

 
Dall'altra sera ho un tantinello di cazzi girati, quindi mi è parso il caso di tirare fuori qualcosa di assolutamente cattivo e poco cervellotico. Divorai letteralmente "Who's Gonna Burn" (W.A.R. Music, 1998) dei CARNAL FORGE quando uscì e ancora oggi lo trovo un ascolto divertente. E' il miglior lavoro del gruppo svedese... non sono più riusciti a replicare la sua furia e l'ispirazione nel riffing non è più stata la stessa, anche se bisogna dire che un altro paio di bei lavori li hanno tirati fuori prima che cambiassero lineup ottanta volte. Ho sempre amato il thrash metal più violento e trovarmi davanti una band che provava a mischiare Slayer e Dark Angel con un qualcosa di più europeo e death-eggiante - ad esempio i Carcass di "Heartwork" (d'altronde il nome della band non è un caso) - fu una piacevole sorpresina. Certo, la furia è cieca e quindi le variazioni nelle tracce sono quelle che sono, però il disco dura poco, quindi se si vuole prendere qualcosa a scarpate come voglio fare io in questo momento, direi che come colonna sonora ci sta tutta.


martedì 8 novembre 2011

THE GATHERING - Black Light District


Oggi è invece il turno di rispolverare una delle mie uscite preferite dei THE GATHERING, l'EP "Black Light District" (Psychonaut, 2002). La title track è una delle composizioni migliori del gruppo olandese, a mio avviso. Una vera perla di post rock intimista, con qualche apertura più heavy che movimenta il tutto e la splendida voce di Anneke che mi fa venire le pelle d'oca come sempre. Essendo un EP, questo lavoro è passato un po' inosservato, ma, se si apprezza la svolta post "How To Measure A Planet?" è un'opera estremamente consigliata, soprattutto per la suddetta title track, che è lunghissima, ma che scorre da dio. Di rado i The Gathering degli ultimi anni sono stati tanto cupi e al tempo stesso emotivi. Al contrario, se si è solo die-hard fan del periodo gothic-doom o, addirittura, di quello death metal, meglio lasciare perdere. Personalmente mi sarebbe piaciuto se il gruppo avesse sviluppato ulteriormente questa vena negli album successivi - vale a dire dando maggior spazio a tracce lunghe e rarefatte - ma devo dire che apprezzo parecchio anche le formule di un disco come "Home", per me il loro punto più alto degli ultimi tempi.



lunedì 7 novembre 2011

DISBELIEF


Nei giorni scorsi ho rispolverato i DISBELIEF, una band che ho sempre apprezzato tanto. C'è chi li definisce death metal, chi sludge, chi "post" qualcosa, chi addirittura nu... boh, io in primis ho sempre fatto una certa fatica a inquadrarli parlandone a qualcuno che non li aveva mai sentiti, ma, dopo tutto, è davvero così importante? Ciò che conta è che questi tedeschi mi abbiano sempre trasmesso qualcosa e persino esaltato in varie circostanze, sia su CD che dal vivo. Del resto, mi piacciono praticamente tutte le band alle quali dicono più o meno apertamente di ispirarsi - Crowbar, Deftones, Killing Joke, Hypocrisy, Bolt Thrower, Neurosis - quindi penso sia normale che gradisca l'operato di questi ragazzi. Sono sempre stati martoriati dai cambi di lineup, ma per fortuna il cantante Karsten "Jagger" Jäger è rimasto sempre al suo posto, così come il bassista Jochen "Joe" Trunk, che è l'unico compositore. Qualche album non l'hanno azzeccato per niente, ma nel complesso la loro è una discografia solida, con almeno tre perle. Ora sto ascoltando soprattutto "Worst Enemy", "Shine" e "Spreading The Rage", gli album che reputo migliori, ma anche l'ultimo "Protected Hell" è bello. Purtroppo sono molto sottovalutati e anche parecchio sfortunati: non sono mai riusciti a farsi davvero notare al di fuori dalla Germania e quando hanno suonato all'estero sono sempre stati infilati in bill in cui c'entravano poco, ovvero in mezzo a band propriamente death o black. Il fan medio di Vader o Cannibal Corpse un gruppo come questo non lo capisce... li guarda, sente il frontman sbraitare, ma poi si chiede dove stanno i blast-beat. Ora che il cosiddetto "post" va tanto, potrebbero avere qualche chance se messi nel posto giusto e con le band giuste, ma forse il treno l'hanno ormai perso. Pazienza... io continuerò sempre a seguirli con interesse. Sotto qualche brano significativo messo assolutamente a caso perchè sul tubo non c'è granchè.






venerdì 4 novembre 2011

KONKHRA - Sexual Affective Disorder


Almeno nella mia cerchia di amicizie/conoscenze di metà anni '90, band come i KONKHRA e i Gorefest rappresentavano solitamente uno dei primi passi all'interno di un genere chiamato death metal. Le grosse dosi di groove, i riff pastosi, le ritmiche mai troppo veloci e le strutture chiare di queste band erano abbastanza facili da digerire e non costituivano un passaggio brusco per coloro che venivano dal thrash o addirittura dal classic-power. Io avevo già buona familiarità con la vecchia scuola svedese quando sono entrato in contatto con questi gruppi, tuttavia le mie vascate di Konkhra me le sono fatte, eccome! Ricordo in particolare una gita del liceo in Sicilia, in cui mi sono svitato la testa a suon di "Spit Or Swallow". Sono tornato che volevo assolutamente comprarmi una bandana come Anders Lundemark. In ogni caso, in questi giorni ho recuperato il debut "Sexual Affective Disorder" (Progress, 1993), album inferiore a "Spit...", ma pur sempre bellino! Sicuramente è uno dei lavori più in vista della scuola death danese, scena spesso sottovalutata, ma che negli anni '90 ha regalato un buon numero di perle per i cultori dell'underground. "Sexual..." venne registrato nei mitici Sunlight Studios in Svezia (Entombed, Dismember, ecc) e ovviamente presenta qualche punto di contatto con il sound dei vicini di casa. Ciò nonostante, già qui si sentono le varie peculiarità dello stile futuro della band, che molto spesso fa leva su riff stoppati e cadenze pachidermiche che guardano oltre il death metal. Già all'epoca i Konkhra erano evidentemente ascoltatori a 360 gradi, con un orecchio attento a captare anche le tendenze americane dell'epoca (cosa intuibile anche dalla loro immagine, più vicina a canoni USA che europei). Per intenderci, un gruppo come gli Entombed, se variava, guardava soprattutto all'hardcore e all'hard rock, mentre i Konkhra guardavano ai Pantera, che allora erano la "big thing" della scena metal mondiale, sull'onda del successo di un capolavoro come "Vulgar Display Of Power". Tornando all'album, "Sexual..." si segnala anche per essere l'ultimo disco del gruppo a vedere il contributo di Claus Vedel, chitarrista che qui si divideva anche le linee vocali con Lundemark: quest'ultimo si occupa del growl/"vocione", mentre Vedel tira fuori uno screaming un po' più aperto. Per la verità, il suo stile non mi è mai piaciuto troppo, ma in questo tipo di "duetti" tutto sommato ci stava. Insomma, quando ho voglia di ascoltare del death metal sobrio e abbondantemente ignorante, i primi due album dei Konkhra sono sempre un gran sollazzo. Prima o poi, qui o in altra sede, parlerò anche del discone "Spit Or Swallow".




giovedì 3 novembre 2011

ROTTING CHRIST - Khronos


Ogni tanto rispolvero "Khronos" (Century Media, 2000) dei ROTTING CHRIST. Non è sto discone, ma a mio avviso contiene qualche gran bel pezzo, che all'interno del repertorio del gruppo e tra i fan credo meriterebbe maggior fortuna. Il problema di questo disco è che è un po' caotico: si vede che Sakis era incazzato per le critiche ad "A Dead Poem" e "Sleep Of The Angels" e che voleva far vedere a tutti che non si era "venduto", ma volendo tornare così repentinamente a un sound più violento ha commesso qualche errore. Certi pezzi hanno uno svolgimento un po' disordinato, ad esempio. Hanno un'impostazione molto aggressiva, ma a tratti sembrano picchiare solo per il gusto di farlo. Altri ancora, invece, suonano come una via di mezzo tra estremismo e lo stile più dark metal dei due precedenti dischi che non sempre lasciano il segno... danno l'idea di non essere nè carne nè pesce. Su questo fronte la band migliorerà parecchio col successivo "Genesis". Infine, anche la produzione mi convince poco: andando agli Abyss di Peter Tagtgren, il gruppo si uniformò troppo a tutti quei gruppi black-death che in quegli anni registravano in Svezia. Il tocco greco non si sente quasi per niente. Come accennavo, ci sono però anche delle canzoni notevoli: "My Sacred Path", "Fateless", "You Are I", "Glory Of Sadness" o la cover di "Lucifer Over London" dei Current 93. Non sono un grande esperto di neofolk o industrial, ma questa versione mi è sempre piaciuta. Ricordo di aver assistito al tour in supporto a questo album... una tristezza, non c'era quasi nessuno. All'epoca erano in assoluto declino, eppure i Rotting Christ come sempre suonarono come se avessero davanti centinaia di fan entusiasti. Si può dire di tutto sulla loro discografia, ma di certo nessuno può tacciarli di essere poco convinti.



mercoledì 2 novembre 2011

RAPTURE - Futile


Se uno è un fanatico dei vecchi Katatonia, solitamente ha due opzioni: consumare "Brave Murder Day" - e io l'ho fatto - o, quando sopraggiunge un po' di nausea, lanciarsi nell'impresa di cercare un'alternativa credibile al gruppo svedese. Del resto, quando un gruppo è molto particolare e di nicchia, difficilmente riesce ad avere dei discepoli all'altezza. Solitamente chi prova a seguirne le orme di band inconfondibili come Opeth, Meshuggah o, appunto, Katatonia, finisce per diventare un clone, perchè è davvero difficile lasciarsi influenzare da un sound così singolare e, al tempo stesso, riuscire a rivisitare quest'ultimo con personalità, senza andare a copiare/incollare qualcosa. I finlandesi RAPTURE sono una di quelle poche eccezioni. "Futile" (Spikefarm, 1999) è il loro album che preferisco: si sentono i richiami ai Katatonia di "Brave Murder Day", "Sounds Of Decay" e "Discouraged Ones", ma c'è anche una certa impronta doom finnica e un pizzico di melo-death che spezza il tutto e che dà un taglio maggiormente energico alla musica. Inoltre, non ci sono appunto vere e proprie scopiazzature... la suddetta influenza è stata assorbita, ma con gusto. Poi in questo album le clean vocals hanno ancora un ruolo marginale per la band e, comunque, quando queste vengono usate, non stonano assolutamente (cosa che invece capita sul disco successivo). Inutile quindi sottolineare come all'epoca questo disco rappresentò per il sottoscritto una piacevole scoperta. Ringrazio Grind Zone: buona parte delle sue recensioni già allora faceva cagare, ma almeno riuscivano a dare un'idea di che genere suonasse la band. Lessi Katatonia e diedi ai Rapture una chance!


martedì 1 novembre 2011

HYPOCRISY - The Final Chapter


"The Final Chapter" (Nuclear Blast, 1997) a parer mio non è il miglior album degli HYPOCRISY, ma è il primo che ho acquistato, invogliato da una lunga intervista su Grind Zone nell'autunno del 1997. Gli sono dunque particolarmente affezionato. Se ben ricordo, avevo già ascoltato un paio di pezzi da "Abducted" (che è poi diventato il mio album della band preferito), ma non ero ancora riuscito ad approfondire. D'altronde, senza internet, era necessario trovare qualcuno che prestasse un CD o facesse una cassetta. Mi sono quindi buttato su "The Final Chapter" - che, tra l'altro, doveva essere l'album di addio dei nostri - e ne sono rimasto subito conquistato. A dire il vero, sulle prime i pezzi più tirati mi entusiasmavano meno, ma poi ho iniziato a vedere l'album come un tutt'uno e ad ascoltarlo dall'inizio alla fine. Del resto, si tratta di un concept: la musica è basata su quest'uomo rapito dagli alieni, sul quale vengono fatti una serie di esperimenti che lo porteranno al suicidio. Tipico concept cosmico-alieno alla Hypocrisy che è bello assaporare nei dettagli. Resta però il fatto che su questo lavoro - come su tanti altri della loro discografia - il gruppo dia il meglio nei midtempo, sfoderando una lunga serie di brani dall'inconfondibile atmosfera siderale. Pink Floyd a parte, non so da dove Peter Tagtgren abbia preso spunto per concepire simili melodie... sta di fatto che quei pezzi cadenzati, atmosferici e ricchi di uncini melodici immediatamente riconoscibili per me hanno sempre rappresentato il motivo numero 1 per amare gli Hypocrisy. Non vi è nessun'altra band in campo death metal ad avere composizioni di questo tipo. E con questo non voglio certo dire che i pezzi veloci siano robetta, eh... anzi, su "The Final Chapter" c'è quella "Adjusting The Sun" che è da molti considerata la top song del gruppo. Canzone magnifica... curiosamente composta dal bassista Mikael Hedlund, uno che ha sempre scritto poco, ma che quando lo ha fatto ha davvero lasciato il segno (mi viene in mente anche l'ottima "Fire In The Sky" su "Into The Abyss"). Insomma, album da ascoltare...