giovedì 10 novembre 2011

AMORPHIS - Tales From The Thousand Lakes


Ah... gli AMORPHIS... vecchio amore di gioventù. Vabè, non ho 60 anni, ma ste frasi mi fanno sganasciare. Ricordo una maglietta longsleeve di "Elegy", ovviamente taglia XL perchè più piccole non le stampavano, che mi faceva sembrare un mutilato perchè quasi mi copriva le mani. Eppure da ragazzino la indossavo sempre e tutt'ora è a casa dei miei (ormai è grigia e coi buchi però). Poi un tour con Evereve e Darkseed e anche una data a Milano, al Binario Zero, in solitario, con di spalla i gruppi locali Macbeth ed SKW... roba orrida. Tra l'altro, in quell'occasione bestemmiai forte perchè a causa di sti mentecatti in apertura il concerto dei finlandesi iniziò tardissimo e dovetti chiamare mio padre per farmi venire a prendere, perchè la metro stava chiudendo. Oggi non li seguo più di tanto (credo infatti di non aver ascoltato minimamente gli ultimi due album), anzi, a dire il vero mi danno l'idea di essere un po' paraculi, con sto ritorno al metal ostentato ovunque... poi però il primo singolo di ogni nuovo album è il pezzo più frocio... chissà come mai. Comunque, un "Tales From The Thousand Lakes" me lo ascolto sempre più che volentieri. Discone sotto ogni punto di vista. Il primo ricordo che associo agli Amorphis sono le urla di mia madre la prima volta che ho messo su il CD ed è esploso il growling di Tomi Koivusaari (ancor oggi uno dei miei preferiti): nella mia vecchia casa lo stereo era in salotto e avevamo un impianto mostruoso, quindi, sostanzialmente, ascoltava anche chi non aveva il minimo interesse a farlo. Non sono mai stato uno di quei ragazzi che si rinchiudevano in cameretta: lo stereo era appunto in salotto e così anche tutti i miei CD... servivano mobili grossi e capienti per tenerli tutti. "Tales..." è ancora oggi il mio album preferito della band: spoglio delle ingenuità del debut (che è comunque bellino), ancora più contaminato con epicità e toni seventies e generalmente più ispirato, originale e orecchiabile, pur presentando una forte base death metal finnica. È un altro di quegli album che hanno rappresentato per molti il passaggio verso sonorità più dure e/o underground, perchè era il parto di una scena musicale allora recondita, ma presentava diverse parti abbastanza accessibili. Difficile trovare un pezzo preferito, anche se alla fine si finisce a nominare quasi sempre "The Castaway" o "Black Winter Day". "In The Beginning" però è un'altra perla. Mi piaceva leggere anche i testi, notoriamente ispirati al libro Kalevala, che davano un ulteriore tocco di mistero alla proposta. Erano indubbiamente qualcosa di diverso all'epoca. Ascoltando principalmente death e thrash, o certo power, alla fine le tematiche erano sempre quelle, mentre gli Amorphis si differenziavano da tutti anche per questo. Era un motivo in più per bullarsi con gli amici: quello che ascoltavo io era più "altolocato"... ahahah...


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