giovedì 17 novembre 2011

PARAGON OF BEAUTY - Comfort Me, Infinity


Ho comprato "Comfort Me, Infinity" (Prophecy, 2001) nell'autunno 2001, a Roma. Credo fosse novembre. Scappai di casa e andai a cercare me stesso nella capitale. Non è una cazzata, eh. Uno a 19 anni fa anche queste cose... ahah. Comunque, ricordo che avevo ascoltato già qualcosa dei PARAGON OF BEAUTY, credo dal primo album, ma non ci avevo prestato tanta attenzione. Poi un giorno comprai Psycho, la rivista, che all'epoca aveva un CD in allegato: l'opener di questo album era stata inclusa nella tracklist e devo dire che mi attirò subito, se non altro perchè in quel periodo praticamente vivevo di Novembre e Katatonia. Proprio a queste due band può infatti essere accostato il sound dell'album: dall'essere un gruppo dark/gothic/black metal vagamente alla Evereve degli inizi, i POB diventerano qui un minestrone dark wave/alternative con qualche accenno metal. È tutta roba che ho sempre ascoltato, non sono mai stato un "defender", quindi il constatare che questi tedeschi avevano definitivamente scoperto The Cure, Radiohead e magari i Muse del primo album (oltre appunto a un "Discouraged Ones" o un "Arte Novecento") non mi creò proprio alcun problema. Anzi, fui ben felice di vedere che il materiale suonava più coeso ed ispirato rispetto a quello degli esordi. Inoltre, gradivo già gli Autumnblaze, altra band del leader Markus Baltes (Eldron), che già si muoveva su queste coordinate (parlerò anche di loro prima o poi, anche se già l'ho fatto su Metalitalia), quindi il tutto non fu una grande sorpresa. Riascoltandolo adesso, "Comfort Me, Infinity" mi piace ancora, anche se certi difetti mi saltano ancora più all'orecchio. Sono quasi tutti di natura "cosmetica", niente di vitale importanza, però un sorriso me lo strappano. Ad esempio, i testi sono davvero "over the top": capisco che musica del genere richiami scenari e situazioni romantiche, ma le parole sono di una ampollosità senza precedenti... "emo" nell'accezione brutta del termine. Poi la pronuncia di Markus è decisamente rivedibile, l'accento tedesco è fortissimo. Mi rendo conto che, vivendo in Inghilterra da tanti anni, sia per me più facile cogliere certe cose, ma non ci posso fare niente, a volte mi sembra di avere davanti Üter Zörker, il bambino tedesco grassottello che va a scuola con Bart e Lisa Simpson! Detto questo, è tutta la mattina che ascolto quest'album e continuo a trovarci spunti apprezzabili. Di seguito la title track: il finale è forse il mio momento preferito del disco.

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